Chi ha in corso una cessione del quinto può aumentare la liquidità di cui ha bisogno richiedendo un prestito con delega di pagamento. Questo finanziamento viene anche chiamato cessione del doppio quinto, visto che affianca alla trattenuta della cessione una ulteriore trattenuta. Il cliente può quindi impegnare fino ad un massimo del 40% del proprio stipendio mensile netto.
Non sempre però la delega di pagamento viene concessa. In questo articolo vi spieghiamo quali sono i principali motivi di per cui la delega di pagamento viene rifiutata.
I requisiti
I requisiti sono gli stessi della cessione del quinto anche se ci sono delle differenze sulle modalità di approvazione. Proprio per questo può capitare che la delega di pagamento venga rifiutata con una valutazione di ‘merito’.
La valutazione può essere fatta sia dalla finanziaria (o banca) che deve decidere se accogliere la richiesta, sia dal datore di lavoro (o amministrazione) che dall’assicurazione. Le motivazioni per cui un prestito con delega di pagamento viene rifiutato possono quindi essere differenti e molto spesso non ci si può opporre.
Delega di pagamento rifiutata: dipendenti e pensionati
Mentre la cessione del quinto può essere richiesta sia da dipendenti pubblici, statali e privati che pensionati, la delega di pagamento è riservata solamente ai dipendenti. Se quindi sei un pensionato e fai richiesta di delega di pagamento, questa ti verrà rifiutata.
Datore di lavoro e istituti di credito
Altra differenza fondamentale tra cessione e delega è che la cessione è un atto dovuto, quindi il datore di lavoro è tenuto a concederla se il lavoratore ne fa richiesta. La delega è invece discrezionale, quindi il datore di lavoro può valutare di non concederla al proprio dipendente.
Le ragioni possono essere molte ma non devono essere spiegate nè giustificate: è sufficiente che il datore di lavoro o l’amministrazione dia parere negativo per fermare il processo di valutazione da parte della società finanziatrice. E’ infatti prassi che ci sia uno scambio di informazioni nelle fasi iniziali tra istituto e datore di lavoro proprio per vedere se c’è o meno la disponibilità di quest’ultimo a collaborare prima di passare alla valutazione vera e propria.
Se il rifiuto arriva dal datore di lavoro è inopponibile. Anche cambiando istituto finanziatore non sarà possibile accedere al finanziamento. Il rifiuto può però anche venire da parte della banca o finanziaria, perché non vengono soddisfatti i requisiti di accesso al credito. In questo caso il cliente può anche fare richiesta presso un altro istituto di credito. Un tipo esempio possono essere gli istituti che concedono le deleghe solo ai pubblici e agli statali. In questo caso il cliente che lavora in un’azienda privata e vuole affiancare la delega alla cessione, vedrà la sua richiesta rifiutata.
Il criterio del rischio
Anche la compagnia assicuratrice ha un ruolo nel processo di accesso alla delega di pagamento. Questa infatti dovrà valutare le condizioni di salute del richiedente per appurare la presenza di nuove ‘criticità’ che potrebbero portare ad un rifiuto nel concedere la polizza a copertura della delega di pagamento.
Delega di pagamento rifiutata: l’importo massimo
Un’altra motivazione di rifiuto è quella legata alla somma impegnata del proprio stipendio. Esiste infatti un limite imposto dalla legge che non permette di superare il 50% dell’ammontare complessivo come ‘impegno’ dei propri emolumenti. Oltre ai prestiti, la busta paga può essere gravata anche da altre trattenute, come i pignoramenti. Se la somma di cessione del quinto e pignoramento già copre il 50% del proprio stipendio mensile netto, la delega non verrà concessa.
Questi sono i principali motivi di rifiuto di una delega di pagamento. Se hai bisogno di maggiori informazioni o di supporto, contattaci, i nostri consulenti sono sempre a tua disposizione.